As três fiandeiras


Le tre filatrici


Uma moça, bonita e prendada, não encontrava casamento, embora muito merecesse um bom estado. Ia sempre à missa das almas, pela madrugada, e rezava seu rosário para elas. Perto da casa da moça morava um homem rico e solteiro que dizia só casar-se com a melhor fiandeira da cidade. A moça sabendo essa notícia, ia comprar linho à casa do rico, dizendo fiá-lo todo num só dia. O homem ficava pasmado, vendo uma moça tão trabalhadora.
Não dando inteiro crédito ao que ouvia, uma manhã, em que a moça apareceu para mercar um pouco de linho, disse-lhe em tom de brincadeira: moça, se esse linho é fiado num dia, sem entrar pelo serão, leve-o sem pagar e irei ao anoitecer ver sua tarefa.
A moça voltou para casa muito aflita com a promessa porque não podia fiar o linho num dia, nem a metade da porção que trouxera. Pôs o linho nas rocas e começou a chorar, a chorar sem consolo. Quando, estava assim, ouviu uma voz trêmula dizendo:
- Por que chora a minha filha?
Levantou a cabeça e viu uma velha, muito velha, vestida de branco e muito pálida. Contou o que lhe sucedia e a velha disse: vá rezar seu rosário que eu vou ajudá-la um pouco.
A moça foi rezar e quando acabou todo o linho estava fiado e pronto. A velha disse: Se você casar eu virei às bodas e não se esqueça de chamar-me minha tia por três vezes.
A moça prometeu. Quando o mercador chegou e viu o linho fiado, ficou assombrado. Gabou muito a moça e no outro dia mandou, ainda uma porção maior de linho, dizendo que voltaria para ver o resultado. A moça pôs-se a chorar sem parar.
Outra velha apareceu, parecida com a primeira, e fiou o linho num amém, enquanto a moça rezava. e ao despedir-se fez o mesmo pedido que a primeira velha fizera.
Ainda uma vez o mercador visitou a moça e não teve palavras para elogiar o quanto ela fizera num dia. Mandou, de presente, ainda mais linho e o mesmo pedido. A moça voltou a lamentar-se e uma terceira velha apareceu e tudo se passou como de costume, linho fiado e promessa feita,
O mercador veio visitar a moça e pediu-a em casamento, marcando-se o dia. Como um dos pre sentes de noivado, recebeu a noiva muito linho para fiar, e rocas, fusos, dobadouras e mais apetrechos. A moça estava desesperada com; o seu futuro.
Quando acabou de casar, surgiram na porta as três velhas juntas. A moça, lembrada do que prometera, recebeu-as muito bem, tratando-as por tias, oferecendo comida, bebida, assento, e fazendo toda a sorte de agrados e oferecimentos. O noivo não tinha cobro do espanto qué lhe causava a feição de cada uma das velhas. Não se contendo, perguntou:
- Por que as senhoras são assim, corcovadas, alhos esbugalhados e queixos para fora? Foi alguma doença?
- Não foi, senhor sobrinho - responderam as velhas - foi o fiar que nos deu essas pechas. Fiámos anos e anos e ficámos assim, corcovadas pela posição, olhos esbugalhados de acompanhar o riço, queixos feios péla tarefa com os tomentos.
O noivo não quis mais saber de rocas, fusos e dobadouras. Agarrou tudo e atirou pana o meio da rua, dizendo que jamais sua mulher havia de pegar num instrumento que a faria tão feia.
Viveram muito felizes. As três velhas eram as "alminhas," agradecidas pela devoção da moça.
C'era una volta una ragazza pigra che non voleva filare; la madre poteva dire qualunque cosa, ma non riusciva a persuaderla. Un giorno la madre andò in collera e le scappò la pazienza, cosicché‚ la picchiò, ed ella incominciò a piangere forte. In quel momento passava di lì la regina, e quando sentì piangere fece fermare la carrozza, entrò in casa e domandò alla madre perché‚ picchiasse sua figlia, dato che si sentivano le grida da fuori.
Allora la donna si vergognò di dover rivelare la pigrizia di sua figlia e disse: "Non posso staccarla dal filatoio, vuole sempre e soltanto filare e io sono povera e non posso procurarle il lino." - "Ah," rispose la regina, "non c'è cosa che mi faccia più piacere del sentir filare e nulla mi rallegra di più del ronzio delle ruote: datemi vostra figlia, la porterò al castello; ho lino a sufficienza perché‚ fili quanto ne ha voglia." La madre acconsentì di cuore e la regina si prese la ragazza. Quando giunsero al castello, la condusse su in tre stanze piene da cima a fondo del più bel lino. "Filami questo lino," disse, "e quando avrai finito sposerai il mio figlio maggiore; anche se sei povera, non importa: il tuo zelo infaticabile è una dote sufficiente."
La fanciulla inorridì in cuor suo poiché‚ non avrebbe potuto filare quel lino nemmeno se fosse vissuta trecento anni, seduta là ogni giorno da mane a sera. Quando fu sola incominciò a piangere, e così rimase tre giorni senza muovere un dito. Il terzo giorno venne la regina e quando vide che non aveva ancora filato niente si meravigliò, ma la fanciulla si scusò dicendo che non aveva potuto cominciare per la grande tristezza di essere lontana dalla casa di sua madre. La regina accettò la scusa, ma andandosene disse: "Domani però devi incominciare a lavorare."
Quando la fanciulla fu di nuovo sola, non sapeva più a che santo votarsi e, triste, andò alla finestra. Vide avvicinarsi tre donne: la prima aveva un gran piedone, la seconda aveva il labbro inferiore così grosso che arrivava a coprirle il mento, e la terza un gran pollice largo. Quando furono davanti alla finestra, si fermarono, guardarono in su e offrirono il loro aiuto alla ragazza dicendo: "Se ci inviterai a nozze, se non ti vergognerai di noi, se ci chiamerai cugine e ci farai sedere alla tua tavola, ti fileremo tutto il lino in poco tempo." - "Di gran cuore!" rispose la fanciulla. "Entrate pure e incominciate subito il lavoro." Introdusse quelle strane donne nella prima stanza, fece un po' di spazio ed esse vi si accomodarono e presero a filare. La prima traeva il filo e calcava la ruota, la seconda lo inumidiva, la terza lo torceva e batteva con il dito sulla tavola e ogni volta che essa batteva, cadeva a terra una quantità di filato sottilissimo. Alla regina la fanciulla nascondeva le tre filatrici, e quando essa veniva le mostrava il mucchio di filato, tanto che la regina non smetteva più di lodarla. Quando la prima camera fu vuota, fu la volta della seconda, poi della terza, e ben presto fu sgombrata anche questa. Allora le tre donne presero congedo e dissero alla fanciulla: "Non dimenticare quel che ci hai promesso: sarà la tua fortuna."
Quando la fanciulla mostrò alla regina le stanze vuote e il gran mucchio di filato, questa preparò le nozze; lo sposo era contento di avere una moglie così abile e diligente e la lodava. "Ho tre cugine," disse la fanciulla. "Sono state molto buone con me e io non vorrei dimenticarle nella mia felicità: permettete che le inviti a nozze e che siedano alla nostra tavola?" La regina e lo sposo diedero volentieri il loro consenso.
Quando la festa incominciò, le tre zitelle entrarono stranamente abbigliate, e la sposa disse: "Siate le benvenute, care cugine." - "Ah," disse lo sposo, "che cosa ti lega a queste donne così brutte?" E andò da quella con il gran piedone e chiese: "Come mai avete un piede così largo?" - "A furia di calcare," rispose quella, "a furia di calcare." Allora lo sposo andò dalla seconda e disse: "Come mai avete quel labbro così cascante?" - "A furia di leccare," rispose, "a furia di leccare." Allora domandò alla terza: "Come mai avete il pollice così largo?" - "A furia di torcere il filo," rispose, "a furia di torcere il filo." Allora il principe inorridì e disse: "D'ora in poi la mia bella sposa non dovrà più toccare un filatoio!" E così la liberò da quell'impiccio.